sabato 27 aprile 2013

Strategie

- Dobbiamo fare qualche cosa, non possiamo più aspettare. - Dice Paolo al suo amico Ludovico. Lo dice sottovoce, avvicinandosi al suo orecchio, non vuole che gli altri sentano.
- Non hai visto il messaggio di Anna riguardo Francesca?
- E' una femmina: manda messaggi a tutto il mondo pieni di faccine che ridono e piangono e non si capisce cosa vuole dire..
- Dobbiamo pensare...
Ludovico è intelligente, riflette sempre prima di agire o parlare. Sa come funzionano le cose, come va il mondo. Infatti ha un'idea.
- Scrivi a tutto il gruppo e proponi ad Anna di vederti, domani, qui.
Coinvolgere tutto il gruppo è sempre un buon approccio: succede sempre qualche cosa dopo. Qualcuno risponde, qualcun'altro si accoda al messaggio, in ogni caso il messaggio comincia a rimbalzare tra tutti e qualche cosa di buono, in mezzo a tante stronzate, si raccoglie sempre. Anna è l'amica di Francesca, il messaggio non passerà inosservato.
- Ma io non ho nessuna voglia di incontrare Anna... che le dico?
- Non la incontrerai. E' solo per fare in modo che Francesca legga il messaggio.
- Stiamo perdendo tempo, sta andando via, devo fare qualche cosa... - Paolo è impaziente.
A Ludovico non dispiace affatto essere coinvolto in queste situazioni e svolgere il ruolo di consigliere, stratega.

Paolo sfila dalla tasca l'attrezzo di comunicazione per eccellenza: lo "smart phone" e digita, utilizzando entrambi i pollici con precisione e velocità incredibile, il messaggio suggerito da Ludo.
A distanza di pochi metri risuona un leggero fischio, come un cinguettio proveniente dalla tasca di Francesca: messaggio arrivato. In realtà altri suoni arrivano da altre tasche, compresa quella di Anna, ma sembra che non abbiano sufficiente energia per arrivare alle orecchie di Paolo. Con tempi leggermente diversi tutti buttano un occhio sullo schermo del proprio apparecchio. Qualcuno accarezza con apparente distacco lo schermo del proprio telefonino.
- Anna non ha ancora risposto, ma Luisa ha già inviato un messaggio a tutti con una faccina che fa l'occhiolino. Vedi, tra poco succederà qualche cosa. - Dice Ludo a Paolo.
Contemporaneamente la tasca di Francesca continua a cinguettare. I messaggi si moltiplicano e i suoni dalle tasche di conseguenza. Gianni è vicino a Francesca e le appoggia un braccio sulla spalla. Paolo guarda Ludo in cerca di spiegazioni ma non le trova. La situazione precipita. Francesca e Gianni si allontanano camminando insieme. Paolo rimane immobile ma ad un certo punto avviene l'irreparabile.
- Francesca! Vuoi essere la mia ragazza? - Grida Paolo d'improvviso.
Ludo si porta una mano sugli occhi, sconsolato, quasi a voler sparire o, almeno, non vedere l'imbarazzo generale di tutti. Sembra che tutti i giardini si siano fermati. Un cane sembra rimanere con la zampa sollevata su una ruota di un SUV parcheggiato per metà sul marciapiede. I bambini sembrano congelati nell'atto di scendere lungo lo scivolo o appesi sui giochi a forma di casette con le rispettive madri pietrificate anche loro in una smorfia di paura che con Paolo e il suo grido non ha nulla a che fare, così intente nel trasmettere ai loro figli ansie e preoccupazioni legate anche solo al gesto di scivolare su uno scivolo. Tutti si sono fermati per qualche istante tranne Francesca che si gira per un attimo verso Paolo. Sul viso, per metà nascosto tra i capelli mossi dal gesto di girare la testa, un sorriso magnifico tutto per Paolo e tra le ciocche di capelli uno sguardo che attraversa l'aria e porta un messaggio chiaro come il cielo che illumina tutto e tutti: sì!

Il braccio di Gianni non è più sulla spalla di Francesca.
Un cinguettio sembra il segnale per fare ripartire tutto. I bimbi, dopo essersi sentiti per un attimo liberi, atterrano tra le braccia delle mamme; il cane piscia sulla ruota con piacere e soddisfazione e i ragazzini commentano: "che sfigato!"; "che figura!". Tra tutti i suoni che arrivano alle orecchie di Paolo, solo uno si fa strada: il cinguettio. È l'unico che lo interessa realmente. Lo sguardo di Paolo passa da una tasca all'altra fino a quando si alza verso il cielo e incrocia un ramo di un albero, sopra di lui. Un passero sta cinguettando e appena incrocia lo sguardo di Paolo, vola via. Paolo torna a guardare Francesca mentre si allontana, poi si gira verso il suo amico Ludo e gli tira un pugno sulla spalla: - È fatta amico mio! Devo tornare a casa se no, i miei mi rompono. A domani, Ludo.

martedì 16 aprile 2013

Democrazia

C'era una volta un mondo (forse sarebbe meglio dire ci sarà un tempo) nel quale si viveva sempre peggio: troppe città, troppe auto, pochi bambini felici, troppi vecchi musoni, pochi alberi e giardini, troppe fabbriche, pochi divertimenti, troppa scuola, troppi impegni.
A quel tempo il mondo era alquanto strano, c'erano tantissime automobili che viaggiavano in tutte le direzioni con pochissime persone a bordo e altrettante vetture che ogni giorno rimanevano parcheggiate inutilizzate. Invece di costruirne meno, inventarono delle macchine volanti per riempire oltre la terra, il cielo. Non era permesso volare oltre i tetti delle case: era vietato! I prati erano curati e belli ma non si potevano calpestare: vietato! Non si poteva regalare niente a nessuno: si doveva comprare o vendere tutto e nessuno aveva capito bene perché, era semplicemente vietato. Questo sistema qualcuno lo chiamava: "Economia" e bastavano alcune parole pronunciate da un signore in giacca e cravatta, per fare sparire un piatto di riso da sotto il naso di un bambino dalla parte opposta del mondo. Probabilmente si trattava di magia, non a caso quei signori li chiamavano maghi della finanza.

Il mondo era governato da un corvo nero che volava più alto di chiunque, semplicemente perché era vietato volare più in alto di lui. Si esprimeva come tutti i corvi: "cra cra cra". Molti si chiedevano perché fosse lui a governare e perché non si potesse volare più in alto di lui e anche Damiano se lo chiedeva. Damiano (gli amici lo chiamavano Demo) era un ragazzino stufo marcio di non poter correre sui prati e volare sopra i tetti delle case. Un giorno decise di rubare una macchina volante (rubare era consentito) e si librò nell'aria alzandosi da terra, sempre di più, fino ad arrivare in prossimità del tetto di una casa piuttosto alta, ma a lui non bastava. Si diresse con la macchina volante verso una casa ancora più alta, ma a lui non bastava. Cercò con lo sguardo un grattacelo, lo raggiunse volando sempre più in alto e con il cuore che batteva sempre più forte, ma a lui non bastava. Fu un attimo, ma fu sufficiente per cambiare la vita di Demo e non solo la sua. Accelerò al massimo la macchina volante, puntando semplicemente verso il cielo. Non sapeva bene dove andare, sicuramente lontano da lì. Un'altra cosa che non sapeva era di avere con se un passeggero nascosto, un clandestino: la zia del corvo nero, la quale non so come e non so perché, si trovava a bordo della macchina volante quando il coraggioso Demo la rubò. Non ci si deve stupire molto del fatto che parenti e amici del corvo nero si trovassero nei posti e nelle situazioni più disparate senza motivo e apparente giustificazione. In ogni caso Demo non poté fare più nulla quando la macchina volante, spinta da una forza più grande di qualsiasi motore (un giorno l'avrebbero chiamata "libertà") schizzò in alto oltre i tetti, lontano dai palazzi, dalle nuvole, dal cielo e da quel mondo verso chissà dove.

"Chissadove" era il nome di un pianeta piuttosto lontano dal nostro mondo e abitato da strani personaggi con due gambe, quattro braccia, otto occhi e una manciata di orecchie. Se non avessero avuto "solo" due gambe come noi, non si sarebbe capito in che direzione andassero. Invece sapevano benissimo in che direzione andare, con tutti quegli occhi e quelle orecchie, osservavano ogni cosa attorno a loro e ascoltavano qualsiasi discorso arrivasse alle loro tante orecchie. Le quattro braccia servivano per abbracciare chiunque incontravano sul proprio cammino ma anche tutti quelli che lasciavano dietro di loro. Osservavano, ascoltavano, camminavano e abbracciavano. Non avevano divieti e riuscivano a vivere felicemente.

Demo e la zia del corvo nero atterrarono su Chissadove e subito vennero abbracciati da quegli strani abitanti. Furono accolti come se fossero le personalità più importanti di tutto il pianeta, semplicemente perché erano diversi da loro e bisognosi di ospitalità. Demo si presentò. La zia del corvo nero disse semplicemente: "Cra" ed entrambi vennero accolti e ospitati a Chissadove. In loro onore cambiarono il nome del pianeta in: "Demo-Cra-Zia" per celebrare il coraggio di chi si era conquistato la propria libertà. Demo fu il primo di altre persone che, come lui, avevano voglia di volare in alto. Democrazia continuò ad essere un mondo piuttosto lontano dal nostro ma non così lontano da non poter essere raggiunto e fu così che quasi tutti vissero felici e contenti.