giovedì 14 agosto 2014

Il giocatore di basket

C'era una volta un giocatore di basket non molto alto, anzi piuttosto basso, anzi piccolo piccolo. Molti si chiedevano perché avesse deciso di giocare a basket invece di fare il fantino o il tuffatore. La risposta era semplice: lui amava il basket più di qualsiasi altro sport. Il rumore tipico della palla che si infila nella retina del canestro senza neanche sfiorare il cerchio, lo rendeva felice. Nella sua immaginazione il suo nome sarebbe finito presto tra le stelle dei giocatori del più importante campionato del mondo: NBA. Il suo nome di origine russa, non era esattamente il nome che ci si aspetta per un giocatore di basket: Nanori Tapposky (conosciuto da tutti con il soprannome di "Tappo").


Un pomeriggio, mentre giocava al solito campetto vicino alla scuola, arrivarono tre ragazzi con la canottiera dei Lackers e i bragoni abbondanti dai quali uscivano gambe lunghe e muscolose. Erano tutti e tre altissimi, due neri e uno bianco. Rendendosi conto che il campetto aveva un solo canestro e che in tre non avrebbero potuto fare due squadre, si guardarono attorno per cercare un quarto giocatore. Guardandosi attorno a se non videro nessuno fino a quando uno dei tre abbassò lo sguardo e vide Nanori. I tre si guardarono tra loro e dopo un po' di sguardi incerti e delusi, chiesero a Nanori se voleva giocare. Nanori eccitatissimo disse subito di sì con la testa perché non aveva più saliva in bocca ed era talmente eccitato che le gambette stavano già cominciando a muoversi da sole.
Iniziò la partita. Il compagno di Nanori, come gli altri due era alto almeno due metri. Nanori era circa la metà ma era come non se ne fosse reso conto. Appena riusciva a prendere la palla cercava di andare a canestro oppure di tirare trovando sempre un muro alto due metri davanti che gli impediva di fare canestro. Il suo compagno di squadra sbuffava e scuoteva la testa, sconsolato.

Nanori era agitatissimo e più si agitava tentando di superare il muro dei suoi avversari e meno ci riusciva. Stava facendo perdere la partita alla sua squadra.
Nanori era piccolo ma per nulla stupido così cercò di capire che cosa fare per migliorare la situazione. Per quanto fosse veloce non riusciva ad arrivare a canestro prima che gli avversari gli si mettessero davanti. Eppure lui era agitatissimo e velocissimo, nessuno poteva essere più veloce di lui, tranne... Ma certo! La palla!
Così decise prima di tutto di calmarsi e ragionare guardando dove si trovava Il proprio compagno e tutte le volte che aveva la palla in mano, osservava bene i movimenti del compagno passando la palla a lui con precisione e velocità. Il compagno alto e molto agile riusciva quasi sempre a superare la difesa avversaria andando a canestro. Quel suono magnifico della palla che si tuffa nella retina del canestro si fece sentire sempre più spesso. Nanori era felice. Vinsero di poco e il "Tappo" capì finalmente che con calma, precisione e velocità si possono fare grandi cose. Da allora nessuno lo chiamò più "Tappo" ma semplicemente Nanori. Non giocò mai in una squadra dell'NBA ma quel suono celestiale della palla che entra nel canestro senza toccare il cerchio, lo sentì tante e tante volte rendendolo felice.

giovedì 15 maggio 2014

L'arte dei sogni

- Sbloccati! Urlò Tazio Paracarro a Carlo.
Detto da lui suonava alquanto strano conoscendo Tazio, fermo che più fermo non si può, lì piantato per terra inamovibile. Tazio Paracarro era stato creato da Carlo e quando l'aveva immaginato, lo aveva pensato proprio così, fermo e immobile di fronte a qualsiasi cambiamento, a qualsiasi passaggio di cose o persone.


Carlo, senza sapere perché e per come, si era ritrovato "artista". Dal vocabolario: "chi opera nel campo dell'arte come creatore o come interprete". Senza dubbio lui è un creatore perché non ha la più pallida idea di cosa sia l'arte, quindi non saprebbe certo interpretarne forme e concetti. D'altra parte, Tazio Paracarro è indubbiamente un'opera d'arte: nessuno ne sentiva la necessità ma eccolo lì; tutti lo osservano anche solo per capire il motivo della sua esistenza ma nessuno sa attribuirne un significato e tutti ne parlano. Così come Rosmunda Mutanda, timida e poco appariscente ma allo stesso tempo così intrigante e maliziosa. Al contrario di Tazio, una bandierina al vento, un panno appeso al filo del bucato, sempre a seguire il vento, le mode, le tendenze, la convenienza. Nessuna convinzione personale, opinione irremovibile.

Carlo stava soffrendo di quel male di cui molti artisti soffrono: "il blocco creativo", che tradotto significa che non produceva nulla di interessante.. che lo interessasse. E dire che la sua produzione è sempre stata notevole, a partire da Ramato Brunetta, che sarebbe dovuta essere una splendida ragazza dai capelli scuri con riflessi ramati e in realtà gli è uscito una nano deforme e antipatico come una merda, ma era il primo, non aveva ancora molta esperienza. Poi ci fu la fase di sperimentazione pura con Peppe Trillo: tentativo di rivoluzionare il vecchio concetto di "bene comune" svegliando le coscienze delle persone come solo il trillo di una sveglia saprebbe fare o come un acuto di una tromba che suona la carica. Anche in questo caso il risultato fu un po' deludente perché gli uscì una sorta di gnomo barbuto urlante e fastidioso per alcuni e totalmente inutile ai molti.

Ora però non riusciva ad immaginare più nulla. Tazio Paracarro ne aveva un gran bisogno che Carlo creasse qualcuno che gli potesse passare davanti, fosse anche solo un cane che gli pisciasse addosso per sentire un po' di calore. Lui sempre lì fermo, piantato sulle proprie convinzioni, ora vacillava, aveva paura semplicemente di rimanere da solo.
- Sbloccati Carlo! Fai qualche cosa! Scendi dal letto! Vieni a fare colazione che è tardi! ...

- Cavolo! Ma che sogno ho fatto?!
Carlo pensava mentre a fatica e barcollando stava entrando in cucina.
- Se non ti muovi farai tardi a scuola! - Sua madre con un bacio ad accoglierlo in cucina mentre la voce dalla radio commentava di quanto l'Italia fosse bloccata dalla crisi.
- Mamma, pensavo che da grande potrei fare l'artista.
- Mi sa che se andiamo avanti così, non ti rimane molto altro da fare, sentita la radio? Qui è tutto fermo, immobile.
- Come Tazio Paracarro... - dice Carlo osservando la superficie del caffè e latte.
- Come chi? - chiede la mamma di Carlo.
- No, nessuno.. Ciao ma', vado a scuola.