domenica 26 maggio 2013

Riduttivo

Questa è la storia di un gigante e di un Re. Il gigante, buono e leale, viveva da solo vicino ad un regno prospero e sereno ormai da tanti anni, praticamente da sempre nei ricordi degli abitanti. In accordo con il Re, offriva loro protezione e sicurezza e per questo godeva di grande rispetto e devozione da parte di tutti gli abitanti che si prodigavano a fare in modo che al gigante non mancasse nulla. Gli abitanti del regno erano contenti di lavorare e faticare anche per il loro protettore anche se evitavano di uscire dai confini del regno per paura di affrontare l'ignoto senza la sicurezza della presenza del proprio amico grande e forte. Insomma, già a questo punto della storia si potrebbe aggiungere la tipica frase: "...e vissero felici e contenti", ma non è così.

Il Re e il gigante erano ovviamente in buoni rapporti e amavano entrambi conversare a lungo ma dopo tanti anni, avevano esaurito gli argomenti e così il Re invitò un forestiero che nessuno aveva mai visto o incontrato ma il Re sapeva che di tanto in tanto veniva a trovare il gigante. Così lasciò il messaggio di invito lungo il sentiero che portava alla casa del gigante e organizzò in modo che fosse una sorpresa.
Così fu. Durante una serata come tante in cui il gigante e il Re conversavano dei soliti argomenti, tuonò un vocione sulla soglia della porta di casa: - Heilà Giuanin! a sun bele sì. Aiè na festa? -.
Era un gigante anche lui! Ma certo! Il Re doveva immaginarselo, chi poteva frequentare un gigante senza essere a sua volta un gigante, oltre a se stesso ovviamente che però era un Re!
- Santi numi, Giuanin! ma chi a lè 'sto nanerrottolo? - Nonostante parlasse strano, d'altronde era un forestiero, il Re capì che si stava riferendo alla sua regale persona e diede un'occhiata al suo "grande" amico perché lo presentasse con tutti gli onori.
- Sua Altezza Serenissima Re di...-
- Sua "altezza"... Ah ah ah! Giuanin, ma se alè aut parei! - Lo interruppe il forestiero indicando l'altezza del Re con la mano aperta vicino alla propria anca.
- Sua altezza voglia perdonare le maniere di questo cialtrone.
- Cialtrun a mi? Sua "altezza" dovrebbe sapere che da quando i suoi antenati nani di un circo che passava  da qui decisero di stabilirsi in queste terre, il bisnonno di Giuanin, si fece mantenere da voi in cambio della sua "protezione" - Il forestiero parlò in modo chiaro e diretto, infatti il Re lo capì perfettamente e lanciò un'occhiata interrogativa a quello che credeva un gigante buono e leale. Giuanin cercò una giustificazione dicendo - Pensare che abbiamo approfittato di voi nani è riduttivo, Sire... - Il Re alzando la mano lo interruppe dicendo - A questo punto eviterei di parlare di qualsiasi cosa abbia a che vedere con le dimensioni. - e così dicendo se ne andò elegante e regale come sempre.

La comunità dei nani non lavorò più per mantenere il gigante che gigante non era. Decisero di cambiare vita e c'è chi dice di averli visti truccati da clown lavorare in un circo in giro per il mondo. Decisero di seguire gli insegnamenti del proprio Re che da quell'ultima conversazione con Giuanin, imparò che ciò che è realmente riduttivo è pensare di avere bisogno della protezione di qualcuno; che le dimensioni siano importanti per valutare le persone; che, nel dubbio, è meglio fare divertire i bambini, della propria altezza, piuttosto di avere a che fare con chi si crede un gigante. La parola "riduttivo" fu bandita dalla comunità dei nani e il loro motto divenne: "Nulla è riduttivo e tutto è relativo". Così facendo vissero realmente felici e contenti.

martedì 14 maggio 2013

Il mostro e la luna

- Sono il più grande! Vedo tutti dall'alto, non ho rivali. - Il mostro pensava tra se. Infatti era il più alto, il più grosso, il più moderno di tutti i palazzi e soprattutto tra i più brutti che si potevano vedere a Torino. Persino la Mole Antonelliana, poco lontano, sembrava piccola a confronto del mostro. Illuminato, scintillante, nonostante fosse ancora in costruzione, svettava sopra i tetti con le gru attaccate a lui come lo sono i pesci pilota attaccati allo squalo balena. Guardava la Mole Antonelliana con la stessa superficialità annoiata di chi guarda un oggetto vecchio, che non serve più: da buttare. La Mole, come una signora d'altri tempi, con la gonna ampia fino a terra e il collo lungo, affusolato, estremamente elegante, rimaneva impassibile. Appassionata ed esperta di cinema e sempre pronta a condividere la sua conoscenza con tanti piccoli esserini dei quali brulicava la città, interessati al cinema o semplicemente desiderosi di condividere con lei un punto di vista particolare, di una Torino antica, fatta di tetti rossi e viali alberati, ai piedi di giganti dalle chiome bianche di neve.


Da qualche tempo si era accorta del mostro di cemento che stava crescendo, che diventava sempre più imponente, arrogante.
- Tutti gli occhi sono puntati su di me. Sarò più alto dei giganti all'orizzonte e della luna che ho già quasi raggiunto! Sarò io ad illuminare tutta la città! - Il pensiero del mostro prese forma e il vento di quella sera di primavera lo portò fino alla luna, la quale, osservando quel "coso" attraverso una fessura di luce come se fosse socchiusa da una palpebra, senza scomporsi troppo, disse: - Fottiti! -

Il dialogo tra i due continuò in modo poco interessante ed edificante, sopratutto per una anziana signora come la Mole Antonelliana, la quale prese a chiacchierare con la sua vecchia amica Superga riguardo le ultime novità di Torino, sapendo bene che prima o poi Superga avrebbe raccontato di quando un aereo prestante e audace, in una notte tempestosa, le fece visita in modo irruente e impetuoso con conseguenze disastrose. Fu un amore breve ma di una intensità inaudita. Ancora oggi se ne parla e gli esserini che percorrono in lungo e in largo la città come formiche in un formicaio, scalano la collina di Superga con un trenino ad ingranaggi al posto delle ruote (ribattezzato "Dentiera") per celebrare e ricordare quella notte.

Poco prima che Superga iniziasse a raccontare dell'aereo, alzò un dito la Torre Littoria perché voleva intervenire nel dialogo tra Superga e la Mole ma fu subito interrotta da una delle due Torri Palatine (due vecchiette gemelle con tanti di quegli acciacchi che non si capisce come facessero ancora a stare dritte) sbottando con una domanda che non avrebbe dovuto fare: - Superga, ho sentito che c'hai la dentiera! Come ti trovi? -.

Superga offesa, sia per la questione della dentiera che per essere stata interrotta proprio mentre stava per raccontare del suo amore d'altri tempi, incominciò a brontolare riguardo le buone maniere, ecc. La Mole tornò a occuparsi di cinema e la Torre Littoria, con il suo ditone bloccato a mezz'aria, tornò a riflettere su quanto era poco apprezzata e considerata da tutti che la vedevano, da sempre, un po' fuori luogo e contesto. La luna, nel frattempo, stava lasciando il posto al sole e il mostro, si rese conto che nessuno faceva caso a lui. Nessuno lo stava considerando nonostante la dimensione e l'altezza. Non faceva paura o invidia a nessuno. Solo quegli insignificanti esserini alzavano la testa andando avanti e indietro nei corsi e nei viali sotto di lui per guardalo. Crebbe ancora un po' ma rimase per sempre un blocco di cemento inutilmente grande, costoso e semplicemente brutto, senza fare paura o invidia a nessuno. Fu così che Torino continuò a vivere serenamente la propria vita, abitata da vecchie signore e moderne brutture e anche da quei piccoli, strani, insignificanti e brulicanti esserini.